Terapie e ricerche

Sono Disponibili delle Terapie Mirate?

Nell’ultimo decennio la ricerca biomedica ha lanciato una sfida alla “incurabilità” delle CLN, e sono tutt’ora in corso studi sperimentali mirati al riconoscimento di terapie che possano combattere queste malattie. Al presente è disponibile un solo trattamento per una forma di CLN (CLN2) che si basa sull’inoculo direttamente nel sistema ventricolare degli emisferi cerebrali della proteina mancante in questa malattia. La terapia è disponibile dal 2019 (dopo circa 4 anni di studi clinici su pazienti). I risultati dimostrano a 4 anni di terapia un rallentamento  dell’evoluzione della malattia, ma non vi è alcuna evidenza di una guarigione.

La straordinaria Forza della Vita – Lavoro di ricerca sulle Malattie Lisosomiali – Intervista al ricercatore dr. Marco Sardiello 

Ci sono più di 30 trilioni di cellule del corpo umano, ciascuna delle quali è un mondo in miniatura – quasi ogni cellula è in grado di generare energia dai nutrienti e sintetizzare le molecole di cui ha bisogno per svolgere i propri compiti. Il materiale di cui la cellula non ha bisogno o che non può essere utilizzato viene riciclato da minuscole sacche di enzimi chiamati lisosomi – dal greco “corpo digestivo” – che si occupano dello smaltimento dei rifiuti cellulari. Le nostre cellule sono costellate da centinaia di lisosomi, che contengono più di 60 enzimi diversi che smantellano batteri e parti usurate della cellula e riciclano i grassi, gli zuccheri e le proteine. Questi enzimi sono attivi solo nell’ambiente altamente acido dei lisosomi. Questa è un’importante misura di salvaguardia della cellula – se un lisosoma dovesse perdere enzimi, questi potrebbero danneggiare gravemente altre componenti della cellula. Quando un lisosoma si imbatte in detriti cellulari che non è in grado di smantellare, si fonde con la membrana cellulare e scarica i rifiuti fuori dalla cellula in un processo chiamato esocitosi lisosomiale. Nell’ultimo decennio, i biologi hanno ampliato la loro visione del lisosoma, dimostrando il suo ruolo essenziale nel mantenere la cellula in uno stato di salute. La complessa danza di rimozione, distruzione e riciclaggio non sempre funziona perfettamente. Quando un enzima manca a causa di una mutazione genetica o si verifica qualche disfunzione nel lisosoma, i rifiuti possono accumularsi nella cellula e causare malattie devastanti. Molti disordini lisosomiali genetici come la Tay-Sachs e la malattia di Batten iniziano nei primi anni di vita e portano alla cecità e alla morte prematura, ma indizi crescenti indicano che un sistema lisosomile difettivo può anche contribuire a malattie che si presentano più in tarda età, come l’Alzheimer e il Parkinson. Le terapie attuali che esistono per alcune malattie lisosomiali, come quelle che sostituiscono gli enzimi lisosomiali mancanti, riescono a rallentare la progressione della malattia. Le terapie geniche che potenziano la funzione lisosomiale sono promettenti, ma gli studi su pazienti sono ancora in fase preliminare. Un nuovo spunto per la progettazione di terapie innovative deriva dalla scoperta di una proteina che regola l’attività dei lisosomi, chiamata fattore di trascrizione EB o TFEB.
Il genetista del Baylor College of Medicine, Marco Sardiello, ha contribuito a scoprire il ruolo del TFEB e di recente è stato coautore di un articolo divulgativo pubblicato su Annual Reviews of Neuroscience sul ruolo dei lisosomi nella salute del cervello. A novembre, Marco Sardiello e il suo team hanno pubblicato nella rivista Nature Cell Biology la scoperta che un tipo di Batten, la ceroido lipofuscinosi 8, è causata da un difetto nel trasporto degli enzimi lisosomiali all’interno della cellula. Knowable Magazine ha intervistato Sardiello per discutere le ragioni per cui il cervello è particolarmente vulnerabile alle disfunzioni del lisosoma e su come le terapie basate su TFEB possano essere d’aiuto.
KM: Cos’è un lisosoma e qual è il suo ruolo nelle cellule?
MS: Possiamo pensare alla cellula come ad una grande città. Il nucleo è paragonabile alla parte amministrativa della città, il centro. Contiene il DNA, cioè le istruzioni su come mandare avanti tutte le attività della cellula, in modo simile agli uffici amministrativi che hanno istruzioni su come gestire una città. Poi ci sono le centrali energetiche – i mitocondri – che forniscono l’energia alla cellula. Proprio come in una città, le normali attività di una cellula producono rifiuti che devono essere eliminati o, ancora meglio, riciclati. I lisosomi raccolgono ogni tipo di sostanza – i grassi, il DNA, l’RNA, gli zuccheri, le proteine, qualsiasi molecola che ha esaurito la propria funzione – e le smantellano in minuscole parti che la cellula può in seguito riutilizzare.
KM: Cosa non va nelle malattie lisosomiali?
MS: Ci sono più di 50 malattie da accumulo lisosomiale, la maggior parte delle quali deriva da mutazioni nei geni che codificano per proteine lisosomiali. In qualsiasi segmento della popolazione, viene colpita una persona su 5000. La maggior parte di queste malattie è causata dal fatto che uno degli enzimi lisosomiali non funziona correttamente o è completamente assente, quindi c’è un accumulo di materiale di scarto che dovrebbe essere degradato ma non lo è. Il mio laboratorio sta studiando varie forme della malattia di Batten, una malattia da accumulo lisosomiale che è una delle malattie neurodegenerative più frequenti dell’infanzia. Lo sviluppo dei bambini con alcune delle forme della Batten è normale nei primi anni di vita, quindi i genitori non sospettano la presenza di una malattia. Verso l’età di quattro o cinque anni, i genitori iniziano a notare che i loro figli tendono a leggere a distanza estremamente ravvicinata – c’è qualcosa che non va con gli occhi. Il medico constata che c’è una degenerazione retinica e, a questo punto, ci sono molte opzioni possibili – sono molte le malattie che possono portare alla degenerazione della retina, non solo la Batten – quindi spesso ci vuole del tempo, anche anni, per identificare il gene che è mutato. Nel caso della Batten, dopo la retina, la degenerazione si estende a tutto il cervello. A poco a poco, i bambini iniziano a perdere varie funzioni e diventano completamente ciechi. Le funzioni di livello superiore come il linguaggio e le abilità cognitive cominciano a perdersi, dopodiché i soggetti affetti perdono la capacità di camminare e di nutrirsi da soli e nella seconda decade di vita possono diventare costretti a letto. Alla fine vi è una morte prematura, spesso entro la terza decade.
KM: Quali trattamenti esistono attualmente per i disturbi lisosomiali?
MS: Uno degli approcci classici per i disturbi lisosomiali è la terapia enzimatica sostitutiva, che prevede che si fornisca l’enzima mancante attraverso continue iniezioni. Questo approccio è abbastanza efficace per organi come il fegato e i muscoli, anch’essi colpiti da disturbi lisosomiali. Il problema è che quando si inietta qualcosa nel flusso sanguigno, è molto difficile che raggiunga il cervello a causa della barriera emato-encefalica che ha appunto una funzione di protezione per il cervello. Ci sono alcuni studi clinici in cui l’iniezione degli enzimi avviene direttamente nel cervello o nel liquido cerebrospinale, e i risultati ottenuti finora sono incoraggianti. Ma per alcuni disturbi lisosomiali, ciò che manca non è un enzima. Nelle varianti 3 e 7 della malattia di Batten, ad esempio, mancano proteine che normalmente si trovano nella membrana del lisosoma stesso. Nelle varianti 6 e 8 della Batten, le proteine mancanti si trovano normalmente nella membrana di un altro organello della cellula chiamato reticolo endoplasmatico. Queste proteine non possono essere fornite con la terapia enzimatica sostitutiva perché esse non sono in grado di viaggiare nel sangue o da una cellula all’altra. La funzione di queste proteine di membrana è ancora in via di definizione, e il mio laboratorio ha recentemente pubblicato la scoperta che la proteina CLN8, che manca nella variante 8 della malattia di Batten, ha la funzione di trasportare alcuni enzimi lisosomiali dopo che questi vengono sintetizzati nel reticolo endoplasmatico. In presenza di mutazioni genetiche che influenzano la produzione di CLN8, il traffico di enzimi lisosomiali è compromesso e una quantità minore di enzimi riesce a raggiungere correttamente il lisosoma, riducendo così la capacità del lisosoma di smantellare il materiale cellulare che riceve. Nei casi di malattie lisosomiali causate dall’assenza o dal malfunzionamento di una proteina di membrana, per ora non c’è molto che si possa fare al di là di terapie palliative. Questa è la ragione per cui c’è un bisogno urgente di identificare un trattamento che possa rallentare o arrestare la progressione della malattia, almeno fino a quando la terapia genica non diventerà una opzione clinica definitiva.
KM: Quali approcci terapeutici stai esplorando insieme ai tuoi colleghi?
MS: Nel 2009 abbiamo identificato una proteina chiamata fattore di trascrizione EB, o TFEB, come il principale responsabile del coordinamento dell’espressione dei geni lisosomiali. Questa scoperta ci ha portato a un concetto molto utile: per avere più lisosomi in una cellula, bisogna solo aumentare la quantità di TFEB attivo. TFEB è già espresso nella cellula ma è per lo più inattivo, in attesa di un segnale che lo attivi e gli permetta di iniziare la trascrizione dei geni che contengono le istruzioni per generare più lisosomi. Noi abbiamo identificato delle metodiche, basate su farmaci, per attivare TFEB e fare in modo che i neuroni e altri tipi di cellule producano più lisosomi. Abbiamo condotto studi preclinici con TFEB in due diversi modelli murini di malattie lisosomiali, una delle quali è la malattia di Batten. In entrambi gli studi sui topi, la terapia ha allungato la vita dei topolini malati, ha ridotto l’accumulo di rifiuti nelle cellule del cervello e ha diminuito i segni di neuroinfiammazione e neurodegenerazione. È possibile che vedremo il primo tentativo di tradurre queste scoperte in terapia umana già nel 2019, il che ci rende molto felici.
KM: E i limiti dei modelli animali? Quanto è simile la malattia nei topi e nelle persone?
MS: La biologia del cervello umano è molto simile a quella del topo. Un problema è rappresentato dalla necessità di incrementare significativamente la dose del farmaco, per assicurarsi che le dosi utilizzate negli esperimenti con i modelli murini siano scalate correttamente per coprire il cervello umano. Il cervello del topo è molto piccolo rispetto al nostro, quindi ogni volta che si somministra un farmaco – che si tratti di un farmaco classico o di una terapia genica – bisogna assicurarsi che questo raggiunga l’intero cervello, o la terapia potrebbe non funzionare.
KM: Che ruolo giocano i lisosomi nell’Alzheimer e Parkinson, anche queste malattie dove c’è un accumulo anomalo di sostanze cellulari?
MS: Quello che sta emergendo recentemente è che c’è un significativo coinvolgimento del lisosoma anche in malattie neurodegenerative come l’Alzheimer e il Parkinson. Nel morbo di Parkinson, vi è l’accumulo di una proteina chiamata alfa-sinucleina e nella malattia di Alzheimer vi è l’accumulo della proteina tau iperfosforilata e della beta-amiloide. Nelle forme familiari di entrambe le malattie sono state trovate mutazioni in geni che partecipano all’attivazione degli enzimi lisosomiali o alla raccolta, trasporto e riciclaggio del materiale di scarto della cellula. È molto probabile che il difetto lisosomiale nelle malattie neurodegenerative come l’Alzheimer sia più sottile che nei classici disordini lisosomiali, quindi l’accumulo di questo materiale di scarto richiede più tempo. Le cellule sono molto resilienti: possono subire molti danni prima di arrivare all’irreparabilità. Proprio come una città – a Houston abbiamo avuto l’uragano Harvey un anno fa, ma la città è stata in grado di rimettersi in sesto in poco tempo.
KM: Perché i lisosomi disfunzionali hanno un tale impatto sul cervello in particolare?
MS: Non c’è ancora una risposta semplice e sembra che le ragioni siano molteplici. Un motivo è che i neuroni sono cellule post-mitotiche, il che significa che hanno perso la capacità di moltiplicarsi. Un neurone è per sempre – quindi, se c’è un problema con i lisosomi e un neurone è danneggiato e muore, non può essere sostituito. Se la stessa cosa accade nel muscolo, la cellula danneggiata può sempre essere sostituita da un’altra cellula. Un’altra risposta è che quando le cellule si duplicano – quando una cellula diventa due – i loro rifiuti vengono diluiti nelle cellule figlie. Ma ciò non si applica ai neuroni perché questi non si dividono. Quindi continuano a accumulare materiale di scarto e non sanno come sbarazzarsene. I neuroni posso eseguire l’esocitosi, ma questo processo potrebbe non essere sufficiente a compensare la perdita di un sistema di riciclaggio perfettamente funzionante. Uno degli effetti di TFEB è la capacità di accelerare il tasso di esocitosi lisosomiale. Se TFEB è attivo, o c’è più TFEB nei neuroni, i neuroni eseguono più esocitosi lisosomiale e quindi sono più efficienti a rimuovere i rifiuti che non possono essere degradati. Questo è un aspetto importante delle terapie basate su TFEB – TFEB migliora la capacità della cellula di liberarsi dei rifiuti di accumulo lisosomiale aumentando contemporaneamente la capacità degradativa dei lisosomi e l’esocitosi lisosomiale.
KM: Considerando tutto ciò che può andare storto con i lisosomi, trovi impressionante il fatto che le cose funzionino così bene per la maggior parte del tempo?
MS: Sinceramente, questo pensiero mi sorprende ogni singolo giorno. Più capiamo i meccanismi della cellula, più mi sorprende la straordinaria forza della vita.

Fonte: il link https://www.knowablemagazine.org/article/living-world/2018/when-brains-waste-disposal-system-fails