Dr. Filippo Santorelli membro del Comitato Tecnico Scientifico di A-NCL

Fare scienza di testa ma guidare l’azione con il cuore: intervista a Filippo M. Santorelli

Filippo Maria Santorelli è Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Medicina Molecolare, Neurogenetica e Malattie Neuromuscolari presso l’IRCCS Fondazione Stella Maris ed è un ricercatore molto conosciuto nel panorama internazionale per i suoi studi applicati alla clinica nel campo delle genetica molecolare, in particolare quella mitocondriale, patologie muscolari e neurodegenerative. E’ autore di numerosi articoli a stampa, capitoli di libro ed atti congressuali nel campo delle malattie neuromuscolari e neurodegenerative e dei loro determinanti genetici

Dr. Filippo Maria Santorelli  come si diventa un ricercatore e professionista così autorevole?

Direi che non è tanto l’autorevolezza raggiunta quanto la maturità professionale che si ottiene con costante lavoro e passione. Solo se piace ed interessa quello che si fa si può tollerare quotidianamente un lavoro che non rende famosi, non paga tanto, è pieno di tristezza e delusioni perché si interfaccia con il dolore dei bambini e delle loro famiglie.

Lei ha fatto un’importante esperienza di ricerca presso la Columbia University di New York, ce ne può parlare?

Ero molto giovane, ancora in formazione specialistica e mi fu data questa opportunità. Mi si è aperto un mondo. Durante i cosiddetti “muscle round”, riunioni cliniche su casi selezionati, tutti (dal direttore dell’Istituto – autore, tra l’altro, di uno dei maggiori testi di neurologia studiati nelle università americane ed europee -, sino all’ultimo studente) avevamo lo stesso diritto di parola, di domanda e di critica. Una espressione di “democrazia del pensiero” certamente arricchente.

Ci parla di un progetto o di un evento che per lei è stato importante nella vita?

Il progetto più importante in assoluto è quando hai la convinzione di avere trovato la causa della malattia del piccolo paziente visto mesi prima in ambulatorio e poi vedere che le nuove terapie geniche hanno impatto su di lui e sul benessere dei bambini, questa è un’esperienza che auguro a tutti i Colleghi.

Come pensa evolverà la sua disciplina e il campo di ricerca in cui è protagonista?

Sicuramente avremo “nuovi volti per vecchie malattie” grazie alle innovazioni terapeutiche ed alla terapia genetica. Ci vuole ancora tanta ricerca ma si riuscirà a vincere le malattie rare del cervello. Non so se il nostro Paese sarà capace di sostenerne i costi e preparare adeguatamente una nuova classe di “medico genomico”.

Lei ha un rapporto speciale con i pazienti e le loro famiglie: per una mamma o un papà il cui figlio ha una patologia neurogenetica o neuromuscolare che consigli  generali darebbe?

Suggerirei tre semplici principi: prima regola, empatia; seconda regola mai dare false attese; terza regola amplificare le altre abilità del bambino.

Cosa consiglierebbe a un giovane che voglia diventare come lei non solo un ricercatore ma anche un clinico valente?

Non credo di poter dare troppi consigli, i ragazzi (anche i miei diretti collaboratori) sanno già quello che vogliono. Comunque nessuno ci ha imposto di essere medici. Ed è bene seguire sempre le proprie passioni, confrontarsi durante gli anni della specializzazione con i Colleghi all’estero anche per un anno, e mai dimenticare il volto umano della scienza. Dobbiamo fare scienza di testa ma guidare l’azione col cuore.

Grazie.

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